Libri e strumenti per la musicoterapia
Streetlib 2017
La Musica e la Musicoterapia nell’accompagnamento al fine vita – Esperienze e riflessioni
Nell’estate del 2005 un intreccio di percorsi professionali e di vita mi ha portata a conoscere la realtà delle cure palliative e dell’Hospice.
Strane corrispondenze e coincidenze mi hanno messa nel giro di qualche giorno tanto nella posizione di familiare di un paziente ricoverato in un Hospice quanto in quella di Musicoterapueta incaricata in un altro Hospice.
Dopo alcuni incontri con il personale e il responsabile dell’Hospice la diretta esperienza con i pazienti è partita molto velocemente, senza lasciarmi troppo tempo per esitare su preoccupazioni e dubbi rispetto ciò che sarei stata in grado di fare.
È stato più naturale e semplice di quanto pensassi e temessi.
Già da alcuni anni lavoravo con persone con malattia psichiatrica grave e avevo già capito che per entrare in contatto autentico con una persona sofferente è indispensabile essere se stessi, senza cercare rifugio dietro a una maschera o peggio dentro a un camice.
Avevo già imparato che, al di là del ruolo e della posizione che occupiamo davanti al confine che separa l’utente dal professionista, siamo sempre e comunque una persona davanti ad un’altra persona; l’aiuto, il sostegno, il conforto che offriamo potrebbero essere gli stessi di cui un giorno anche noi potremo avere bisogno.
Il percorso della malattia e della morte tutti ci accomuna.
In quanto umani ci ammaliamo e moriamo e quanto più neghiamo questa evidenza tanto più soffriamo.
La nostra cultura teme la morte, la evita, la ignora, induce a comportarsi e a costruire aspettative come se quel traguardo non ci fosse. Questo atteggiamento genera sofferenza, che si aggiunge a quella che inevitabilmente accompagna la condizione di malattia e di terminalità.
Molti anni di esperienza nei luoghi delle cure palliative e numerosi incontri mi hanno reso bene evidenti questi aspetti, di cui peraltro sembra che negli ultimi anni si parli un poco di più, con meno timore e con meno censure.
Il libro che propongo si rivolge non solo a chi è interessato a conoscere e ripercorrere un’esperienza di Musicoterapia nel contesto delle cure palliative e dell’Hospice ma anche a tutti coloro che hanno il desiderio e il coraggio di affrontare un tema che nelle nostre esistenze è molto più centrale e fondamentale di quanto ci piace pensare.
“Il suono oltre il silenzio – Incontri con la musica nelle cure di fine vita” è un distillato di molti anni di esperienza umana e professionale all’interno di strutture dedicate alle cure palliative.
Al racconto degli incontri con le persone ricoverate e i loro familiari si accompagnano riflessioni sul significato e il valore che può assumere la Musicoterapia in Hospice, oltre che su alcuni dei temi fondamentali inerenti il fine vita.
Ogni capitolo racconta l’incontro con un paziente – ovvero con una persona e in alcuni casi con i familiari – ed è un tentativo di ricostruzione di un clima emotivo, di una fotografia impressa nella memoria, di un breve, a volte brevissimo, percorso di incontro, scambio, conoscenza e separazione.
Ognuna delle persone di cui si parla in questo libro, nel momento in cui ha accettato di avventurarsi in un percorso condiviso di ascolto, della musica e non solo, ha reso possibile nella propria vita e nella mia un cambiamento e una trasformazione, contribuendo con una piccola porzione all’edificio che costruiamo durante questa esistenza andando alla ricerca del senso.
Nella Postfazione mi soffermo sugli aspetti inerenti le modalità con cui la Musicoterapia può venire offerta ai pazienti e ai familiari con alcune riflessioni in merito al significato e al valore della Musica in un contesto così speciale come quello del fine vita.
Nell’Appendice, a partire da materiali ricavati da fonti ufficiali, ho provato ad affrontare alcuni aspetti inerenti le cure palliative e la sedazione terminale. I contenuti che si possono trovare in queste pagine non sono affatto esaustivi e fanno riferimento ad un contesto legislativo che nel frattempo ha fatto qualche piccolo passo avanti.
La personale e diretta esperienza nei luoghi dedicati alle cure palliative mi aveva spesso fatto constatare quanto poca informazione ci fosse e quanto frequenti fossero pregiudizi e rigidità ideologiche rispetto le questioni inerenti il fine vita. Io stessa avevo sentito il bisogno di approfondire e chiarire e ho voluto condividere alcune informazioni raccolte.
Scrivo per documentare e per mettere a disposizione un grande capitale di esperienza che potrà essere utile a musicoterapisti, insegnanti e a tutti coloro che desiderano sperimentare il potere della musica nella relazione d’aiuto e nella cura.
Con questo libro ho partecipato alla 28° edizione del Premio Calvino. Ecco il giudizio espresso dal Comitato di lettura:
“Un libro di grande interesse e di straordinario impegno umano e civile che avrebbe diritto alla massima diffusione, non certamente, però, un testo di narrativa. Si tratta del regesto dell’attività di musicoterapia, svolta dall’autrice, musicoterapeuta, presso i malati terminali. La scrittura è estremamente precisa, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più tecnici della questione. Non c’è però, e non crediamo fosse nell’intenzione dell’autrice, una rielaborazione letteraria della lingua e della materia affrontata, pur se qua e là appaiono tratti che rivelano un autentico talento narrativo. Occorre dire che l’autrice, per suo habitus e per estrema correttezza professionale, evita di norma di superare la soglia che separa la testimonianza dalla rielaborazione letteraria, dalla narrazione. Laura Gamba dà l’impressione a chi legge di muoversi sempre in punta di piedi, con le antenne sempre drizzate a cogliere le minime reazioni dei malati e dei loro familiari. Il libro presenta anche un’utile Appendice in cui viene fatto il punto sui vari aspetti (soprattutto legislativi, ma non solo) delle cure palliative e della terapia del dolore che si praticano negli Hospice: in proposito c’è scarsa informazione, ci sono molti pregiudizi che si radicano nella grande difficoltà di affrontare serenamente i problemi del fine vita. La Postfazione è particolarmente interessante: è il distillato di una protratta riflessione dell’autrice sul senso della musicoterapia e sulla sua lunga esperienza in proposito in diversi Hospice, sul significato, più in generale, che può avere la musica, sui diversi tipi di reazione alla musica − riflessioni in cui meno sistematicamente ci eravamo già imbattuti leggendo i singoli ritratti dei malati. Tra queste sparse riflessioni, suggestive sono quelle relative alla percezione del tempo nei malati terminali, sul variare con l’età del rapporto col suono, sull’odierna rimozione dell’idea di fine vita (che differenza, nel bene e nel male, con il vituperato Seicento quando si scrivevano interi trattati sull’accoglimento della morte, basti pensare a Dell’uomo al punto di Daniello Bartoli!); ci interrogano quelle sulla scarsa considerazione di cui godono gli psichiatrici negli stessi luoghi di cura; non mancano neppure notazioni sociologiche sul rapporto tra musica e profondo nord. Questo libro, ci viene detto, è il frutto di un lavoro durato nove anni: e lo si percepisce, perché tutto è perfettamente soppesato e meditato.
Tanti i ritratti di singoli malati, e tutti diversi l’uno dall’altro. Lancinante è quello di Emma, ricoverata in un piccolo e triste Hospice: “Entro e la chiamo per nome, subito apre i suoi grandi occhi neri e mi rivolge uno sguardo dolce e disarmato, dietro il quale riconosco stupore e paura ma anche una fiducia bambina. Lo sguardo di Emma non mi lascerà più anche quando diventerà vitreo, opaco, spento, smarrito dietro al velo che piano piano avvolge e trascina via con sé”. Ognuno affronta a suo modo “il punto”: chi continua a essere galante come Alfonso, chi appare difficile come Guido, chi non capisce e non accetta come Emilio (“E pensare che ho lavorato tutta la vita…”), chi è rapito dalla musica come Attilio, chi è piccolo e fragile e chiede di ascoltare la Marsigliese, chi è consapevole e vuole tagliare corto come Egle, chi è serena e umile come Rosina, chi vuole ascoltare ancora una volta “Non ho amato mai tanto la vita”. In questi momenti affiora poi con chiarezza la natura dei rapporti che si sono avuti con i famigliari: non basta la sofferenza e la morte incombente a mettere a tacere antiche incomprensioni (Bernardo), Dai parchi discorsi emergono lacerti di vita di un tempo, le aie, le balere, gli spiaggioni sul Po. Affacci sul passato prima che tutto finisca.
Il libro dovrà trovare un’adeguata visibilità e un’adeguata collocazione.“
La musica offre la possibilità, qualche volta, di spezzare un angoscioso silenzio di attesa e di dolorosa sospensione; l’ascolto – inteso in senso lato come ascolto empatico e non solo come ascolto musicale – può offrire l’opportunità della condivisione, generando cambiamento e trasformazione.
Questa constatazione, che è anche una certezza, mi incoraggia a continuare e ad approfondire la pratica e la ricerca in merito all’utilizzo della musica e del suono nelle cure di fine vita.
La morte può essere serena, dolce; così la possiamo vedere – a volte – noi che la guardiamo dalla nostra parte.
Ci sono persone che riescono a lasciare andare il disperato e inutile attaccamento a questo mondo nel quale non possono più restare e riescono a raccogliere e concentrare le energie fisiche e spirituali per affrontare l’ultimo grande passo.
Non soffrire, nel corpo e nella mente, non essere disperati, non sentirsi soli e abbandonati, blanditi da ipocrite e vane parole di conforto può aiutare a provare ad accettare ciò che sta per accadere e ad andargli incontro con serenità, in pace. I farmaci, sapientemente dosati e combinati, possono aiutare molto in questo.
Essere finalmente liberi dal dolore fisico, morale e spirituale può aiutare a confrontarsi con la propria personale storia di vita che si sta per concludere, con i pensieri, le paure, i fantasmi e le illusioni prodotti dalla mente, a trovare dentro di sé la traccia luminosa da seguire per affrontare l’ultimo passo.
Musicoterapista, ricercatrice, autrice e formatrice.
Scrivo libri per contribuire all’ambito della musicoterapia e per condividere metodologie e strumenti per curare attraverso la musica.